Non ero a Cagliari il giorno che Daniele Conti venne presentato alla stampa. Stavo ad Asmara e la mail parlava dell’acquisto del “figlio di Bruno Conti”. Non potevo sapere che la tappa non era in realtà intermedia. Non il punto di passaggio di un calciatore dal nome pesante ma l’arrivo a destinazione. Non lo sapeva neanche Daniele (allora si confondeva con il fratello Andrea, anche lui sfornato dalle giovanili romane). Sapeva però che per lui la Roma sarebbe stata difficile da gestire. Qualsiasi figlio di persona conosciuta soffre per una identità di riflesso. Nel mio piccolo, anche miei figli non amano essere definiti “i figli di Vittorio Sanna”. Daniele Conti era un calciatore in cerca di identità, cresciuto spontaneamente e con valori genuini. Quelli che gli crearono non pochi problemi  nella prima stagione. Per Ulivieri bastava essere amico di Grassadonia per essere scarsamente considerato. Daniele fece il suo esordio con Tabarez ma poi pian piano scomparve. Si rivide titolare a fine campionato con squadra che andò a timbrare la matematica retrocessione a Lecce. Ti ricordi Capitano, il primo gol? Credo di sì anche perchè fu l’occasione per mandare messaggi alla panchina e che le tv inizavano ad intercettare con i primi labiali. Rimase in B per maturare. Una maturazione lenta con alti e bassi. Non è vero che Cellino si è intestardito solo con Larrivey. Lo fece anche con Conti. Scelse più volte la strada della conferma. Gli levò in molte occasioni la concorrenza di torno perchè anche io, come altri smettessimo di pensare che fosse inutile insistere. A distanza di anni continuo a dire la mia, ma la “lezione Conti” l’ho imparata, tanto da non dare per scontato che un calciatore che ritarda ad esprimersi non sia un calciatore valido. Mi sono dovuto accollare anche una querela a causa (indiretta) di Daniele. Con eccessivo sarcasmo commentai (su richiesta opinione)  sul lavoro di un collega. Difendevo Davide Carrus che strumentalmente veniva alternato a Conti (per me avrebbero potuto giocare insieme: le poche volte che lo fecero i risultati furono ottimi). Facevo le mie critiche ma  Conti non mi ha mai espresso disappunto. Anzi, una volta mi disse che ci stava (non sapeva che poi sarei impazzito ad ogni suo gol). Daniele faceva intravedere classe cristallina. Nessuno questa l’ha mai messa in dubbio. Sembrava talvolta indolente. Altre volte distratto. Ma la classe c’era, eccome. Si accumularono così gli episodi. Indelebile la doppietta con pianto, tutto dedicato alla Nonna. Indelebili  i  gol nel finale Messina, Napoli, Roma, per ricordarne solo alcuni. Indelebili anche i momenti difficili, gli infortuni e le panchine targate Bisoli e Donadoni. Significativi i tanti gol contro la Roma (si dice che papà Bruno racconti che ha la foto del figlio al posto del bersaglio per freccette: secondo me lo manca sempre).  Significativo il gol al Brescia. Commovente il bacio della maglia alla vigilia di una stagione in cui è stato ventilato il taglio. Esaltante questo avvio di campionato dove la maglia ha sventolato nella Capitale come una bandiera dopo 43 anni. Ti ricordi Capitano? Ma la memoria non è ancora piena. C’è tanto da scrivere. Oggi è il primo capitolo di un romanzo che diventa storia. Ma non sarà l’ultimo. Ed  io sono pronto a gridare ancora…