Il risultato migliore è della stagjone 92/93, un sesto posto targato Mazzone che portò il Cagliari in Europa. C’era Cellino (primo anno) ma è azzardato dire che fosse il suo Cagliari. Lo avevano costruito gli Orrù per poi passare la mano. Una costruzione minuziosa che permise di vivere  di rendita fino alla retrocessione del 96/97. Era un campionato a 18 squadre e per salvarsi era necessario evitare gli ultimi quattro posti. Quattordici posti utili per restare nella massima serie. Diversamente dal Cagliari degli ultimi sette anni: campionato a venti squadre con sole tre retrocessioni. Per capire che gli eroi vanno pesati su una bilancia che abbia una valida unità di misura. I rossoblu nell’ultimo decennio dello scorso secolo forse non sarebbero retrocessi in un campionato a venti squadre. Quel Cagliari si piazzò quasi sempre meglio di oggi.  Dal 92 al 2000, quattro volte tra le prime dieci, un’impresa che da quando siamo tornati in serie A è riuscita solo ad Arrigoni da matricola e ad Allegri nella sua prima stagione. Per il resto 3 quattordicesimi posti (medesima posizione che nel ’97 ci costò lo spareggio perso al San Paolo), un sedicesimo e un diciassettesimo posto che con 18 squadre e 4 retrocessioni non ci avrebbero assicurato la salvezza. Come dire: prima di cantare “Osanna” è preferibile pesare. Di prodigioso c’è stato solo il bilancio economico con gli utili di un’azienda che sono finiti nelle giuste tasche del suo imprenditore