Poco più di due mesi fa, alle elezioni regionali, c’era una marea di candidati che parlavano di indipendenza e autodeterminazione. Oggi cosa è rimasto di quell’inutile sciamare? Alle prossime elezioni europee la Sardegna non c’è. Non c’è perché i candidati nati o residenti nell’Isola compariranno al servizio di partiti italiani, che nulla concedono alla Sardegna. Quel principio di rappresentanza che la nascita del Parlamento Europeo voleva sancire sarà ancora una volta tradito. La Sardegna continua ad essere una colonia, gestita da uno stato imperiale che delega le sue funzioni a “vassalli” locali. Sono loro a candidarsi anche stavolta alle europee in nome e per conto di un elettorato che, in quanto minoranza numerica, viene schiacciato e affondato, con regole che privano della liberta di autodeterminazione. Dove sono i componenti le tante liste “indipendentiste”? Perché, una volta fallito il tentativo spaiato di governare nell’Isola non hanno rimesso insieme le forze per un’unica lista che potesse portare un rappresentante slegato dai comandi di Roma? Verranno i liguri con le loro stelle. I toscani delle oscure botteghe. I lombardi dal grande sorriso. Tutti a convincerci di seguire uno di loro. Come pecore. Una profonda delusione. Ci si accontenta di far ruggire le pecore e far ridere il pastore. La stagione dei diritti e della libertà è lontana. Lo è perché i Sardi continuano a non sentirsi tali. Dividono il territorio in stazzi. Governa di volta in volta uno di loro, portando gli interessi locali, lobbistici, clientelari. Ora è il turno del Governo Regionale di Sassari. Alternanza trasversale e orizzontale. Frammentazione di interessi che mantiene la Sardegna imbrigliata. Frustata dalla crisi economica e da regole politiche e fiscali oggettive per la media italiana, inadeguate di regione in regione. Perché la storia e la cultura non sono solo argomenti da salotto. Sono le potenzialità basilari di una regione geografica. Da quelle si deve partire per far esprimere al meglio e sostenere il popolo che vi abita. E che nella Carta Geopolitica dell’Europa non comparirà ancora per molti anni.