
PER SOLDI O PER AMORE
- Luglio 14, 2013
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Calcio, soldi, sogni e bandiere. Sono passati tre anni dal Caso Marchetti, simbolo degli equivoci del mondo del pallone. Mi riesce difficile trovare colpe. Più facile scorgere tipiche contraddizioni. Alla base del calcio industriale ci sono i tifosi. Sono loro che fanno fare i soldi. È la loro fedeltà e passioni che permette di accumulare denari che vengo veicolati da abbonamenti tv, visibilità e conseguentemente sponsor. Guadagni grossi. La fedeltà e la passione che fanno fare i soldi. Difficile spiegare a chi fa immensi sacrifici per avere i soldi per alimentare la propria fedeltà e la propria passione che i protagonisti del calcio non hanno gli stessi riferimenti di base. Le aziende calcistiche per prime che devono far quadrare i bilanci. Per loro contano entrate e uscite. C’è anche la passione ma è al livello secondario, non viene prima dei bilanci. Pertanto talvolta sono costretti ad indurre il proprio patrimonio, i calciatori, a non essere fedeli, a considerarsi merce di scambio per la buona causa dell’azienda. Uno degli elementi che distrae il calciatore dal legame prioritario con la fedeltà. Sa che è merce di scambio e dà a se stesso un valore di mercato. La fedeltà è una scelta personale che però può non essere rispettata e condivisa e capita che gli venga imposto di essere ceduto o non gli venga rinnovato il contratto. C’è poi un altro elemento basilare per il calciatore, il sogno di stare nella scena madre, di vincere il massimo trofeo, di arrivare all’apice della scena. La fedeltà che può essere tradita e quindi professionalmente fallimentare, il sogno e il guadagno per garantirsi il dopo calcio. Marchetti era amato dai tifosi, la Società voleva utilizzarlo per venderlo(aveva già puntato su Agazzi), ha avuto il torto di esprimere il sogno di raggiungere una delle scene massime. Aveva perso valore durante il mondiale, Agazzi era promesso titolare del Cagliari ed è bastato poco per ferire ad arte i tifosi mettendola sul mercenario e sull’infedeltà. Marchetti non è meno fedele di tanti altri che si troveranno nella stessa situazione ma non saranno vittime della medesima strumentalizzazione. Personalmente devo dire che si è mostrato molto più educato e rionoscente di tanti altri partiti per altri lidi. Cordiale e educato. Poi ci sono e eccezioni che come i tifosi scelgono la fedeltà e la passione come i tifosi. Ci aggiungono la qualità della vita cagliaritana e la famiglia: Lopez, Abeijon, Conti, Cossu, Agostini. Ma come è facile dedurre non a tutti è permesso di essere allineati ai tifosi. Chiedete ad Abe e Ago perchè non sono rimasti. O a Muzzi perchè è stato ceduto.
mariella
prima domanda perché videolina ha lasciato il satellite? vivo in una zona dove il digitale terrestre non prende, e videolina mi manca.seconda domanda :è possibile che più avanti nel tempo possa ritrasmettere sul satellitare?
Condivido appieno l’articolo che hai scritto.Come tifosa del Cagliari ,capisco che la società per andare avanti ha bisogno di questa politica pescare sconosciuti,farli crescere e poi vendere per far quadrare i bilanci.Forse un giorno accadrà il miracolo di rivincere uno scudetto !
Vittorio Sanna
Videolina non è più sul satellite per questione di costi. In un momento di crisi doveva valutare dove tagliare e considerando che in tempi brevi la tv sarà collegata ad internet, invece di mandare a casa dipendenti ha preferito un taglio doloroso ma non irrimediabile. Non credo che si ritornerà sul satellite penso piuttosto che sia necessario accelerare i tempi perchè dal web si peschi il segnale televisivo che dà copertura nel mondo intero.
Grazie per l’apprezzamento del commento.
Un caro saluto
Gianluigi
Promesso e fatto!!!
Grazie dell’articolo e delle opinioni espresse, garbate ma abbastanza nette anche se appaiono abbastanza indulgenti verso le ragioni societarie che però – a mio giudizio – in questo affaire non sono state declinate nel modo migliore.
Arrivando a deprezzare enormemente il capitale e sfiorare il mobbing nei confronti del calciatore senza nemmeno tentare di rivalutarlo.
Invece su altri come Larrivey si è insistito fino allo sfinimento: a tal proposito ti chiedo, ma com’è che ogni inizio campionato qualsiasi allenatore lo inseriva in squadra? solo perché lo chiedeva il Max massimo o anche perché il ragazzo era serio si impegnava negli allenamenti e mostrava qualità che poi non riusciva quasi mai a esprimere in gara? cari saluti. Gian (Verosardo)
Vittorio Sanna
Credo che le due cose funzionassero insieme: la Società comunicava all’allenatore di turno che credeva nel calciatore e il calciatore negli allenamenti non dava modo potergli muovere appunti. Su Marchetti sono d’accordo: un capitale sperperato