Mare agitato e nave in difficoltà. La T irrenia sventola su una insolita bandiera, zuppa di sudore, intoccabile per chi vive il Cagliari come l’immagine vincente della Sardegna. Uno sponsor, tanti soldi. Cosa si puà rimproverare all’imprenditore? All’imprenditore, niente. Al tifoso, tutto. La contraddizione che separa i tifosi nasce dal duplice ruolo, troppo spesso commistionato: imprenditore o tifoso? Oggi una risposta sembra esserci: imprenditore  he non bada all’interlocutore ma misura l’offerta nell’interesse della sua azienda. Apparentemente non valutando a fondo l’impatto emotivo. Quel nome e quello sponsor rappresenta molte frustrazioni della Sardegna: l’incontinuità territorialela crisi economica accentuata anche in chiave turistica, Napoli, l’occupazione dell’Isola, la dipendenza dal Continente. Una scritta, uno sponsor, che risveglia i Sardi e il loro orgoglio ferito. Ma dormivano e dormivano a lungo quasi tutti. La lotta contro tutto questo era patrimonio di pochi eroi. Ora tutti si sollevano. Toglietemi tutto ma non il mio Cagliari. Come un orologio a tempo è scoppiata la protesta. Anche quella autorevole. La stessa che Cellino ha cercato per le sue battaglie (vedi Enac e stadio ad Elmas). Pochi hanno risposto. Lui, rimasto solo, ha forse trovato il modo di svegliarli: se il Cagliari non è solo mio, aiutatemi a difenderlo. Altrimenti lo vendo. Per ora solo con uno sponsor nella maglia. Io non credo alla superficiale valutazione. Opto per la provocazione. Sparta e Atene erano sempre in lotta. Ma se arrivava la Tirrenia, lottavano insieme contro il nemico.