
LA DANZA DEI MAMUTHONES
- Agosto 31, 2012
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Triste, come il Carnevale in Barbagia. Una sfilata di maschere sofferenti tenute in giogo da un sistema di uomini. I Sardi, popolo glorioso, non merita una simile scena. Il rito millenario che esorcizza le paure agro-pastorali aveva un senso pagano: richiamare l’antico coraggio per superare le umane paure. Per ricominciare ad affrontare una dura realtà. Per sfruttare le risorse, allora, affidate ai capricci della natura. Il fuoco che si accendeva e intorno al quale si danzava era ed è una speranza. Non è un’attittu, il solito, di una morte che si ripete. Era rinascita. Era guardare avanti. Oggi e da decenni si è diventati schiavi di progetti che non trovano mercato. E’ un pozzo di San Patrizio, senza fondo, senza recuperare soldi. Le miniere sono state nella storia passata una risorsa. Una risorsa ma anche una dannazione. Continua solo questa la “dannatio ad metalla”. Perchè non si ha il coraggio di un nuovo Carnevale che ribalti la situazione. La sfilata triste che crea pathos, che genera dubbi sulla pietà, che diventa uno spettacolo corroso sul quale si specula. Alziamo la testa e guardiamo al futuro. Mai più schiavi di un progetto ma figli dei nostri progetti. Di nuove strade. Cominciamo a evitare il saccheggio del sole e del vento dopo quello della terra. Forse le stesse terre saccheggiate possono essere recuperate per rilanciare la fonte “energia”. Utilizziamo quelle e i fondi destinati ad una nuova illusione per creare realmente un futuro. Non mi piace la danza dei mamuthones tristi. Quelli che hanno maschere sofferenti e un casco in testa. Non mi piace perchè avvilisce i Sardi. Le energie che abbiamo utilizziamole per essere padroni di noi stessi e non per rinnovare un giogo diventato fin troppo antico. Utilizziamole per spazzare dalle nostre terre i soliti conquistatori.
Th. C.
La Sardegna troppo spesso preferisce alimentare i suoi miti ad esclusivo vantaggio di un’elite che dalla propria posizione può su essi lucrare, e al prezzo di trasformare la propria occupazione in un peso economico insostenibile ed improduttivo.
E’ triste, sì, come tante vicende sarde in cui le responsabilità sono nate e compiutesi fino in fondo nell’isola. Le miniere sono della Regione Sardegna. Ma quando le miniere (come tutte le miniere) si esauriscono, cercare un colpevole vuol dire inventarsi un delitto anche se non c’è. Vuol dire alimentare lo stereotipo di un’epopea conclusasi già nello scorso secolo e che prefigura l’iniettare altro denaro su modelli di sviluppo senza alcuna speranza perchè privi della materia prima, distogliendolo risorse da altri settori produttivi o quantomeno realmente utili. La Regione è autonoma: può decidere se spendere soldi in formalina per mantenere la mummia di antiche miniere esaurite. Oppure può spendere gli stessi soldi per reindirizzare quei lavoratori in altri settori: cura del dissesto idrogeologico, civiche reti idriche, completamento rete stradale. Si tratta di settori contigui in cui quei lavoratori metterebbero da parte il mito, ma riacquisterebbero non solo un lavoro, ma anche la dignità di persone occupate per qualcosa di cui la sardegna ha davvero bisogno.
Un saluto.
Cordialmente.
Th. C.