Triste, come il Carnevale in Barbagia. Una sfilata di maschere sofferenti tenute in giogo da un sistema di uomini. I Sardi, popolo glorioso, non merita una simile scena. Il rito millenario che esorcizza le paure agro-pastorali aveva un senso pagano: richiamare l’antico coraggio per superare le umane paure. Per ricominciare ad affrontare una dura realtà. Per sfruttare le risorse, allora, affidate ai capricci della natura. Il fuoco che si accendeva e intorno al quale si danzava era ed è una speranza. Non è un’attittu, il solito, di una morte che si ripete. Era rinascita. Era guardare avanti. Oggi e da decenni si è diventati schiavi di progetti che non trovano mercato. E’ un pozzo di San Patrizio, senza fondo, senza recuperare soldi. Le miniere sono state nella storia passata una risorsa. Una risorsa ma anche una dannazione. Continua solo questa la “dannatio ad metalla”. Perchè non si ha il coraggio di un nuovo Carnevale che ribalti la situazione. La sfilata triste che crea pathos, che genera dubbi sulla pietà, che diventa uno spettacolo corroso sul quale si specula. Alziamo la testa e guardiamo al futuro. Mai più schiavi di un progetto ma figli dei nostri progetti. Di nuove strade. Cominciamo a evitare il saccheggio del sole e del vento dopo quello della terra. Forse le stesse terre saccheggiate possono essere recuperate per rilanciare la fonte “energia”. Utilizziamo quelle e i fondi destinati ad una nuova illusione per creare realmente un futuro. Non mi piace la danza dei mamuthones tristi. Quelli che hanno maschere sofferenti e un casco in testa.  Non mi piace perchè avvilisce i Sardi. Le energie che abbiamo utilizziamole per essere padroni di noi  stessi e non  per rinnovare un giogo diventato fin troppo antico. Utilizziamole per spazzare dalle nostre terre i soliti conquistatori.