Mi chiedo che senso abbia essere indipendentista per nutrire un idealismo fine a se stesso? Eppure anche questo dobbiamo superare. L’idea che il mio indipendentismo sia più grosso di quello di un altro indipendentista. Indipendentismo da cortile, da 4%. O indipendentismo nobile, da classisti con la puzza sotto il naso. Non cambia. Cortile e puzza sotto il naso sono limiti insuperabili. Diventare indipendenti passa dal convincere chi non è ancora indipendentista della bontà del progetto. Per portare il 4% al 20, al 30, al 70. Per l’indipendenza non posso scartare il voto o la partecipazione di chi in precedenza ha votato Forza Italia. Non posso scartare neanche chi ha votato comunista. E nemmeno chi ha votato MSI. Per l’indipendenza è necessario superare le posizioni dei Savonarola che richiamano il loro sangue blu, il loro DNA ereditario che li rende élite, classe eletta ma anche minoranza della minoranza. L’indipendentismo è uno stato sociale che nella società deve avere fondamento. Deve convertire, deve evangelizzare. Deve portare i “peccatori” dei partiti italiani a capire che possono avere simili partiti sardi, ma in una nazione che abbia identità diversa. È inutile, è frustrante, è comico, è triste, è povero, è misero rivendicare la paternità di un figlio che per ora è solo seme da masturbazione. L’ovulo da fecondare è la società e bisogna avere spermatozoi capaci di attecchire per riuscire a far nascere i figli di un’idea che non deve rimanere esercizio cerebrale. Assistere al teatrino del “ce l’ho più grande e più duro” fa specie. Allontana invece di avvicinare. Divide invece di unire. Sparpaglia e disperde malgrado il tempo e la storia ci dicano che l’indipendenza è questione di sopravvivenza. Non sono nato indipendente e solo chi come me farà una strada simile alla mia per cambiare idea, per capire, attraverso una logica analisi potrà dare un apporto superiore, potrà far crescere il movimento, potrà avvicinare l’indipendenza alla realtà. Non certo subendo il giudizio delle caste elette che sputano sul passato della gente, che rivendicano purezza. Chi sa crescere è necessario che sappia cambiare. Chi non sa cambiare non saprà mai crescere. Conserverà il suo reame. Un cortile di pochi eletti che acclamerà il re dei perdenti. Di un popolo magro e sconsacrato, destinato a rimanere nelle periferie di governo. Anche nel governo, costretto a rosicchiare l’osso del padrone che mosso a pietà ha voluto accontentare con il trucco, il proprio malaffare.