
IL SOLIDEO DEL PAPA di Vittorio Sanna
- Marzo 28, 2020
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Sembrerebbe una banale vignetta satirica sul momento che il Mondo sta attraversando. Invece l’ultima opera di Danilo Meloni ha un significato molto più profondo. È un grido estremo d’aiuto, rivolto verso il cielo. “Non lasciarci soli nella tempesta” è un passaggio della preghiera di Papa Francesco in una Piazza San Pietro spettralmente vuota, dove il viola del lutto copriva l’orizzonte aldilà del tramonto. Un raffinato e poetico canto verso Dio perché salvi gli uomini dalla catastrofe. Il Papa si è calato nel ruolo degli umili, ha ingigantito il suo solideo, il nome del copricapo che conosciamo forse di più come “papalina” o “zucchetto”. “Lo si toglie solo in nome di Dio” è il significato di “solideo”. Meloni lo ha tolto dal capo per indossarlo davanti alle vie respiratorie, in segno di protezione, come la cosiddetta mascherina, a simboleggiare l’alto valore della preghiera papale che ha invocato la protezione dell’umanità. “La mano di Dio” posta sul capo dell’uomo è stata dirottata davanti al viso perché non si respiri il virus che semina panico e morte. Un’opera acuta, profonda, dal grande significato, in un momento in cui le debolezze dell’uomo emergono, figlie della sua presunzione, dell’idea di poter isolare e controllare qualsiasi fenomeno naturale. Una umiltà che è mancata e che ha chiamato anche il capo di tutta la chiesa a disarmarsi, a lottare da gesuita con il pragmatismo necessario nei momenti del bisogno. Pragmatico è il gesto di spostare la papalina da simbolo di sacralità e autorità tra gli uomini a ostacolo che combatte la semina di dolore e morte invisibile che ha spopolato le nostre città. “Venuta la sera”, così inizia il Santo Padre citando il Vangelo, “fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti», così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”. E da qui l’opera di Danilo Meloni. Da leggere, da saper leggere. Una rappresentazione drammatica delle debolezze dell’uomo che non può che appellarsi alla sua fede.