Fare cronaca nel momento in cui ho scelto di fare il giornalsta è un mio dovere. Un piacere a cui sono legato tanto da non essermi mai sottratto anche di fronte ai conseguenti disagi. Ho lavorato nelle piccole radio o televisioni, mi sono state permesse esperienze tempranti, nei campi di provincia, in ogni tipo di sport, anche nelle categorie più umili. Non mi sono mai sentito declassato nel parlare di calcio dilettantistico invece che di serie A. Per me la cronaca è una e nasce da elementi basilari che possono qualitativamente cambiare ma non possono mancare. L’elemento centrale è il fatto da raccontare. qualsiasi esso sia il dovere del cronista è tentare di renderlo, abitualmente in modo oggettivo. Distaccato e preciso dovrei aggiungere. Nel mio ruolo di radiocronista non mi posso definire distaccato, perchè racconto una passione e devo tentare di contestualizzare anche l’emozione. Preciso però tento di esserlo, nel riportare ciò che realmente accade. Il dovere del cronista è non cambiare la realtà e riportare il fatto raccolto. L’arte del cronista è anche rendere appettibile il fatto, fare in modo che possa diventare interessante. Il bravo cronista può rendere interessante anche i fatti di categorie inferiori o di sport poco trattati. Ma non può prescindere dal raccogliere gli elementi che corredano il fatto. Più o meno direttamente. La presa diretta concorre al corretto esercizio del suo dovere. Devono essere i sensi del cronista a vedere, sentire, memorizzare e riportare i fatti. Stando nel posto e/o ricostruendo l’accaduto. Se lo fa attraverso seconde persone è dovere del cronista citare la fonte. Nel mio dovere di cronista non è incluso raccontare cose non viste, fatti sconosciuti, dettagli che mancano. Per rispetto di chi dal cronista si aspetta visioni privilegiate, capacità di racconto raffinate. Per rispetto della verità e dei fatti. Il cronista muore se gli viene tolto il fatto da raccontare. E ogni tanto mi sento morire.