Mai tanta attenzione era stata rivolta ai movimenti indipendentisti. Chi non li vede di buon occhio, li tiene d’occhio, quasi percependo ciò che si respira a pochi mesi dalle elezioni. Soffia il vento sardo (non solo sardista) e soffia forte, tanto da indurre anche gli Italiani a cercare di costruirsi un nuovo patriottismo locale. Le barricate elettorali sono state alzate al 10% nella speranza di respingere l’attacco anche dei movimenti più forti. Contando sulle divisioni, alimentando quasi come malattia insanabile l’incapacità di creare un dialogo, un accordo. L’accordo che varrebbe uno schieramento compatto, capace di affrontare l’esercito dei partiti classici, che hanno messo radici anche clientelari nelle strutture esistenti. Una propaganda al contrario: alimentare l’idea di forze indipendentiste incapaci di andare d’accordo per far placare il vento che soffia e riportare l’elettorato alla solita idea nazionalista a forma di stivale che non a caso, beffa geografica, sembra quasi prenda a calci la Sardegna. E’ necessario trovare il punto di coesione. L’idea potrebbe essere quella di dare a ciascun movimento un obiettivo, un punto del programma. Per natura ogni gruppo nasce vicino ad una esigenza particolare, ad una materia di governo. C’è chi è nato nel mondo agro-pastorale, chi nel settore strettamente storico e culturale, chi si occupa da anni del progetto sulla valorizzazione dell’energia, chi del rilancio industriale, chi delle politiche mediterranee, chi del rispetto ambientale. Dare a ciascuno un compito che finisca per far parte di un unico programma. Con un rappresentante che sintetizzi il progetto, che coordini le diverse anime, che sappia governare il cambiamento moderando e integrando i settori. Un unico grande progetto. Tante stelle che facciano luce insieme. La galassia di movimenti che trova il filo conduttore di una Sardegna che non ha più voglia di subire la povertà. E che preferisce, male per male, essere protagonista del proprio destino