La cultura, analizzando questo concetto dal punto di vista antropologico, per risultare tale deve essere trasmessa e condivisibile: condivisibile con un singolo, condivisibile con più individui, condivisibile con una comunità e chi più ne ha più ne metta. Eppure, da tempo immemore, la cultura è stata strumentalizzata per cause poco nobili e poco credibili, come tanti altri settori e elementi di valore, finendo per essere elitaria e pedante. In Italia, il livello di pesantezza e pedanteria della ‘’cultura’’ tocca picchi altissimi, preoccupanti e tremendamente – nel senso letterale e pieno del termine – noiosi. Si parla parecchio del bisogno di nuove idee, nuove leve, nuove iniziative che scuotano il ‘’bel paese’’ e le coscienze e insomma, fino a qui, nulla da dire, tutto è bello, tutto è giusto ed estremamente corretto. Sorge però spontaneo un dubbio, sottile quanto significativo e scomodo: come si possono pretendere nuovi progetti di valore se poi il valore di costoro non solo non viene apprezzato e riconosciuto, ma anche boicottato e ignorato dai cosiddetti ‘’intellettuali’’?. Un intellettuale dovrebbe, per l’appunto, adoperare al meglio il suo intelletto per cercare di migliorare la situazione nella quale si trova, nella quale vive e nella quale opera. Eppure, come si può ben vedere, ciò non accade molto spesso. L’intellettuale di oggi, come anche quello del passato e di questo passo anche del futuro prossimo, non accetta il dialogo, non accetta il confronto e il dibattito, in virtù della ‘’cultura’’ di cui si fa paladino. Anzi, meglio precisare: l’unico paladino. La domanda sorge spontanea – probabilmente anche la risposta riflettendoci un minimo – e doverosa: è utile tutto ciò? E’ proficuo per il bene comune di cui tanto si parla questo atteggiamento/ comportamento/ presa di posizione (sciocca)?. Avere importanti basi didattiche serve se non vengono adoperate per qualcosa di costruttivo, ma solo ed esclusivamente per vantarsi di quanto si è ”bravi”, andando di conseguenza ad escludere chi magari non ha avuto l’opportunità di ricevere una determinata formazione?. A cosa porta tutto questo se non alla spocchia ingiustificata e al nozionismo fine a se stesso?. Viviamo tempi complessi, tempi difficili ed estremamente delicati. Mai come in questo momento sarebbe necessario proseguire e lavorare assieme, lasciando da parte i propri intenti personali per portare avanti un qualcosa che possa giovare anche ai posteri. Ludwig Wittgenstein, celebre filosofo e logico austriaco, diceva: ‘’ La filosofia non è una dottrina, ma un’attività’’. Wittgenstein sottolinea l’elemento dinamico e attivo della filosofia, sottolinea l’importanza di non rendere un dogma inattaccabile il sapere che si è avuti l’occasione di far proprio. Chi è consapevole del suo bagaglio, fatto arcinoto, non sente il bisogno di fare sfoggio di ampollosi termini e complicate citazioni per ben apparire davanti a un uditorio, tutt’altro: cerca di essere il più comprensibile possibile, in modo da trasmettere le sue conoscenze e in modo da fare sì che gli insegnamenti dei manuali di studio non nascano, si perdano e muoiano in salotti popolati da falsi sapienti e falsi profeti. Morale della favola? Chi è intellettuale non lo dice, fa!