
APOLOGIA DELL’UOMO POLTRONA
- Febbraio 19, 2014
- 0
Ma come si fa a condannare un uomo che non si stacca dalla sua sedia. Soprattutto se si tratta di una comoda poltrona. Paradossale la pretesa dell’uomo medio di rimestare gli equilibri sociali per ridare giustizia e pari dignità. Si tratterebbe di un irrimediabile delitto nei confronti di chi ha acquisito il diritto ad interim a vivere nel privilegio di un ruolo che lo pone al di sopra del volgo, base sulla quale poggiare il proprio diritto acquisito. Anche se fosse stato ottenuto con fare delinquenziale ormai vige la prescrizione. Si tratta dei nuovi nobili, sempre esistiti da che esiste la società. Non si vorrà pensare che siano realizzabili le strampalate filosofie comuniste o addirittura cristiane. Ci sono gli eletti e ci sono i diseredati che sempre dovranno dipendere dal poco grano che sfugge dalle mani di chi stringe il potere. Ma ce lo vedete il barone del Sulcis rinunciare al suo centro. Non ci sono inquisizioni che ne mettano in dubbio il potere. La sanità privata è invasa di personale che gli devono riconoscenza eterna. Il voto è dovuto, non è una libera espressione. La coscienza è stata acquistata con un posto di lavoro, anche se precario, anche se sfruttato, anche se stagionale. Cosa volete che valga il voto di un disperato se non quel poco mangime che gli viene dato in cambio? Come potrebbe venir meno il monumento vivente che da quarant’anni gira per le stanze del governo, oggi in Consiglio, domani in Giunta ieri a capo dell’esecutivo. Promesse su promesse, qualche favore reso, la capacità di mimetizzarsi ora qui ora là per ritornare puntualmente. Come un fantasma in un vecchio castello, tira le catene, farfuglia poche stanche parole e rinnova la sua intramontabile presenza. Uomini-poltrona in un tradizionale rituale dove i partiti sono spesso le confraternite che ne garantiscono la sopravvivenza. Rafforzata dal bisogno e dal rigetto. Da chi continua a dipendere e da chi non vede soluzione. Perdete ogni speranza che tanto voi non entrate. L’uomo-poltrona ha una maschera di gesso che scaccia gli spiriti, che allontana le paure, che ciclicamente rinnova il suo rito. Un ruolo parallelo all’uomo-bue e all’uomo cacciavite la cui apologia è stata già scritta. Un ruolo che affonda nella notte dei tempi e che si proietta nel futuro. Triste e cupo e quindi ancor più soggetto all’esercizio della promessa e della carità.